Le prime considerazioni da compiere riguardano i pregi e i difetti del Sismabonus alla luce delle conferme e modifiche apportate dalla Legge di Bilancio 2018 e dal Decreto Crescita. Manovra finanziaria 2019 e 2020 infatti non hanno modificato nulla.
Nel 2017 gli interventi di recupero, ristrutturazione edilizia e riqualificazione energetica degli immobili, tra manutenzione ordinaria e straordinaria, hanno rappresentato il 74% di tutto il mercato delle costruzioni e tra questi i lavori di recupero edilizio e di riqualificazione energetica attivati con gli incentivi fiscali nel 2017 siano stati pari al 55,7% degli interventi di manutenzione straordinaria del comparto residenziale.
Sismabonus come strumento di sicurezza antisismica
Non più finanziamenti solo “post catastrofe”
Purtroppo non è possibile distinguere tra questi interventi quelli realizzati ricorrendo al Sismabonus (leggi tutte le informazioni utili sulla detrazione Sismabonus) ma l’unica cosa certa è che il successo delle misure di incentivazione stabilizzate dal 2018 a 2021 testimonia definitivamente il superamento del sistema di finanziamento “post catastrofe” con una legislazione basata sull’emergenza in un Paese come l’Italia caratterizzato da un elevato rischio sismico in termini di pericolosità , vulnerabilità ed esposizione.
In questo contesto il Sismabonus diventa uno strumento prezioso di prevenzione sul patrimonio immobiliare privato.
Un punto di forza del meccanismo è sicuramente quello di aver proposto percentuali di detrazione maggiorate in funzione del passaggio di classe di rischio sismico del fabbricato. Sicuramente per la convenienza economica ma soprattutto perché obbliga i singoli proprietari, che intendano usufruire del Sismabonus, a far eseguire da un tecnico la procedura per la classificazione sismica del proprio fabbricato. Ciò consente di conoscere il livello di sicurezza del proprio immobile, conoscerne i punti deboli e prevedere i meccanismi di collasso che si possano innescare in presenza di un evento sismico.
Problema: non obbligatorietà dell’Attestato di classificazione sismica
La conoscenza approfondita di un edificio consente di individuare gli interventi più adatti per il raggiungimento di un livello di sicurezza adeguato. Il punto debole è però rappresentato dall’obbligatorietà. A oggi, infatti, l’Attestato di classificazione sismica degli edifici non è un documento obbligatorio da allegare nel caso di compravendita, locazione o altro (come avviene per l’Attestato di prestazione energetica), ma solo uno strumento che, alla luce del meccanismo di incentivazione “premiante” del sisma bonus introdotto dalla Legge di Bilancio 2017, consentirà al proprietario di ottenere un maggiore beneficio fiscale a seguito del passaggio a classi di rischio sismico inferiore.
A dirla tutta anche la normativa tecnica al paragrafo 8.4 prevede che “la valutazione della sicurezza deve essere effettuata ogni qual volta si eseguano gli interventi strutturali di cui al punto 8.4 – adeguamento sismico, miglioramento sismico, rinforzo locale – e dovrà determinare il livello di sicurezza prima e dopo l’intervento”.
Questa definizione stabilisce che se nel proprio fabbricato non si ha necessità di eseguire alcun tipo di intervento, esclusi quelli di manutenzione ordinaria e straordinaria che non interferiscono con elementi strutturali, non si ha nessun tipo di obbligo né di valutare il livello di sicurezza né tantomeno di eseguire interventi di miglioramento o adeguamento sismico.
L’unico obbligo presente, introdotto dall’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3274 del 2003, riguarda le pubbliche amministrazioni di “procedere a verifica sia degli edifici di interesse strategico e delle opere infrastrutturali […] che possono assumere rilevanza in relazione alle conseguenze di un eventuale collasso”. Tuttavia si è trattato di un obbligo disatteso come sottolineato in un recente articolo pubblicato su “Edilizia e Territorio” del Sole 24 Ore a firma del prof. Paolo Rocchi che ha ribadito come “l’obbligo di controllare ospedali, scuole, infrastrutture, nonostante sia stato introdotto con una ordinanza del 2003, è rimasto lettera morta nonostante nel frattempo siano avvenuti tre terremoti”.
Sismabonus come strumento fiscale
Due pregi e un difetto
Fino a ora abbiamo considerato solo l’aspetto tecnico del Sismabonus ma non bisogna dimenticare che si tratta principalmente di uno strumento fiscale strettamente legato alla capienza IRPEF (o IRES) del soggetto beneficiario e quindi al suo reddito. In quest’ottica è necessario sottolineare due ulteriori aspetti positivi del Sismabonus e un unico grande difetto.
Per quanto riguarda i pregi il primo riguarda sicuramente la cessione del credito estesa, per il momento, ai soli condomini. Si tratta di un’agevolazione notevole soprattutto se consideriamo che all’interno di un’assemblea condominiale non è necessaria l’unanimità per approvare un intervento di messa in sicurezza antisismica. Pertanto quei soggetti che, per mancanza di disponibilità o altro, si trovino a subire le scelte dell’assemblea, hanno così la possibilità di ridurre notevolmente l’esborso economico iniziale cedendo il credito spettante all’Impresa esecutrice o ad altro soggetto.
Il secondo aspetto riguarda la vasta platea dei soggetti beneficiari che ben si sposa a strategie di ottimizzazione. Questo significa che, per esempio, all’interno dello stesso nucleo familiare, è possibile far ricadere il beneficio fiscale in capo al soggetto che ha il reddito maggiore (o comunque la maggiore capienza IRPEF) senza che questo sia necessariamente il proprietario o titolare di altri diritti sull’immobile.
Il difetto più grande del sisma bonus è legato alla capienza IRPEF del soggetto beneficiario.